La pipa di Enzo Bearzot, l’esultanza del presidente Pertini nella tribuna d’onore dello stadio di Madrid, la gioia incontenibile di Marco Tardelli dopo il gol del 2 a 0 nella finale contro la Germania e…i baffi di quel giovanotto di belle speranze, che – un po’ per caso e molto per merito – si ritrovò campione del mondo a soli 18 anni e mezzo. La storia di “Spagna ’82” passa, nell’immaginario collettivo, anche per il viso adulto, molto più di quanto dicesse la carta d’identità, di Giuseppe Raffaele Bergomi, per tutti Beppe, da Settala, hinterland milanese.
Lo “zio”, come lo ribattezzò simpaticamente il compagno di squadra Gianpiero Marini, si è raccontato venerdì sera, ospite dell’Inter Club Fener, come solo lui sa fare, con la consumata arte narrativa che gli deriva, anche, dalla frequentazione oramai pluridecennale con le telecronache calcistiche televisive.
Bergomi ha ripercorso, attraverso la traccia dettata dal libro “Bella zio”, uscito a firma di Andrea Vitali e Samuele Robbioni per Mondadori, gli anni della sua infanzia e della gioventù sino alla vittoria della Coppa del Mondo che coincideva, all’incirca, con l’inizio di una straordinaria carriera nel mondo del calcio professionistico, tutta a tinte nerazzurre. Sapori e atmosfere di oratorio, campo parrocchiale e partite a carte, autobus presi per andare agli allenamenti; profumo dei valori che la famiglia ha tramandato a Beppe: il lavoro e il sacrificio, la passione, quella per il calcio, onesta e vera.
Lo “zio”, accompagnato dal co-autore del libro, Samuele Robbioni ha intrattenuto tifosi e sportivi con aneddoti e ricordi, ma anche con il racconto dell’esperienza che gli deriva dall’attuale ruolo di allenatore di giovani calciatori: “In ognuno di noi c’è un talento, anche oggi, basta farlo emergere e accompagnare i nostri ragazzi ad intraprendere autonomamente il percorso della propria vita…”.
Foto LUCA BELLUS






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